Premio Opera Ultima

La LUISS (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali) di Roma è un prestigiosissimo istituto privato piazzato in una bellissima villa liberty circondata da un rigoglioso giardino sempre fresco di manicure.

Orbene (obbligatorio il linguaggio forbito), in questo luogo dorato che sprizza money da tutte le aiuole, si è tenuto il 15 marzo un convegno che aveva come scopo la presentazione della legge quadro sullo spettacolo dal vivo. C’eravamo anche noi e, senza entrare nel merito della legge che sarà ancora discussa, modificata, tagliata e ricucita chissà quante volte, ve lo raccontiamo.

Dopo la sobria presentazione del rettore, sale al pulpito il collega attore Edoardo Siravo che, moderno Leporello, si lancia in un “Madamina, il catalogo è questo” con raffiche che partono da Scipione Maffei, autore nel 1713 di una prima riforma del teatro italiano, continuano con un elenco di decine di governi che hanno ignorato l’argomento, di ventine di ministri che l’hanno affossato, poi puntano indietro, al quinto secolo avanti Cristo, ad Atene con Eschilo, Sofocle, Euripide, e così via in una vertigine di date, numeri e nomi che, pur se presumibilmente documentati, ci lascia prostrati. Recitazione molto colorita e parecchio soffiata.

Qualche intervento anonimo, poi si scatena la Carlucci alla quale dobbiamo riconoscere grande chiarezza di discorso, nessun vezzo da attrice, e idee precise. Complimenti.

Segue Rocco Buttiglione, ancora più accattivante; dice anche lui cose intelligenti, le dice bene e ne sembra convinto. Siamo ad alto livello.

Dal quale si precipita miseramente con l’intervento letto (male) dal noiosissimo Paolo Protti, presidente dell’AGIS, che riesce in pochi minuti a distruggere la bella tensione creata dai suoi predecessori. Una noia così micidiale, da provocare uno sfoltimento prematuro del pubblico (il convegno è iniziato da poco) e la reazione quasi isterica ma sostenuta da un fitto applauso dei compagni di sventura, di un coraggioso sconosciuto che gli grida: Basta! Niente, il rompiballe va avanti fino in fondo. Peccato, perché uno sfilacciamento del genere è sufficiente a provocare una scivolata che poi bisogna recuperare. Infatti, da quel momento comincia il pollaio nelle ultime file. Chiacchiericcio, telefonini e distrazione.

Gustosa una stoccata a Marzullo, tacciato di simbolo eternamente riciclato della TV provinciale di partito.

Intervento di Alessandro Dolci, musicista diplomato alla LUISS che ci conferma nella nostra convinzione. I musicisti, salvo eccezioni, meno parlano meglio è.

Scarpati la fa verbosa e un po’ patetica.

C’è anche una sparata di troppo facile demagogia dell’On. Evangelisti: meno aerei e missioni militari e più teatro. Questo lo sapevamo anche noi, non c’era bisogno di un onorevole che ce lo ricordasse.

E bla bla bla, finalmente arriva il meglio. Verso le diciannoveequarantacinque, cioè quasi quattro ore dopo l’inizio della faccenda, presente il ministro Ornaghi giunto nel frattempo, danno fiato alle trombe le personalità del mondo dello spettacolo.

Per prima la signora Fracci, come sempre avvolta in candidi veli, con una chioma di un nero a dir poco discutibile, si erge con la voce incrinata dal patos a paladina dei giovani ballerini, delle giovani ballerine, delle giovani scuole di danza.

Poi tocca a Sergio Escobar, Piccolo Teatro, che rivendica la difesa della cultura vera, e sforna un interessante esempio quando sostiene che il valore di un’opera, tipo la Divina Commedia, prescinde dal numero di copie che vende. Ci è piaciuta questa argomentazione. Un po’ meno, sentire che per ben due volte, mentre parla al ministro, definisce se stesso “birichino”. Ci sembra un aggettivo, diciamo così, un po’ fuori luogo per un direttore di teatro più che maturo.

Verso le venti il popolo si ribella. “Siamo alla fame!” “Basta con i giovani, ci sono anche i cinquantenni!” Ne riparliamo dopo.

Il ministro è pronto a rispondere alle domande, l’atmosfera è quella giusta, il pubblico è cotto per il gran finale; e invece no.

Il solito attor giovane, bel ragazzo, occhialetti, aria intellettuale, capelli vaporosi (il nome non lo facciamo, anzi lo facciamo, perché no? Angelo Lima) acchiappa il microfono e sbriciola l’atmosfera che era proprio quella giusta, con una serie di baggianate noiose e inopportune, con proposte mal formulate, con polemiche stanche, roba da sessantotto fuori tempo, fino a farsi vergognosamente zittire dalla moderatrice, e senza neanche essere capace di sparare un bel vaffanculo (questo sì, sessantottino verace) in chiusura.

Dopo questa esibizione piuttosto squalificante per la categoria, il ministro Ornaghi, vecchia volpe, ascende al podio, fa un discorso superiore, da politico annoiato dalle piccolezze, non dice niente di preciso, ma lo dice con tono pacato e autorevole, e tutti a casa.

Prima di lasciarci vorremmo riprendere uno degli urli della platea: Basta con i giovani, ci sono anche i cinquantenni! Effettivamente, pare che il discorso del sosteniamo i giovani sia diventato un grimaldello per scardinare qualsiasi cassaforte, politica o sociale.

Certo, l’opera prima merita l’appoggio della cultura, della politica, della stampa. Ma, e se si pensasse a una qualche promozione anche per l’opera ultima? Perché non permettere a un vecchio artista, che dal punto di vista del potere contrattuale è debole esattamente come un debuttante, di dire la sua, magari per l’ultima volta, ma con il sostegno delle istituzioni?

Che ne dite di un “Premio Opera Ultima”?

 

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