Maratona d'autunno

 

Henry Moore alle Terme

 

E’ proprio dietro l’angolo, così giovedì 29, tarda mattinata, dopo un appuntamento del tutto sopportabile dal dentista (ah, l’anestesia!), eccoci al Museo delle Terme per la mostra di Henry Moore. L’ultima sua grande parata l’avevamo vista al Forte Belvedere di Firenze, qualche decennio fa.

Allora, trionfo delle forme giganti e arrotondate contro l’azzurro cielo toscano; oggi, delusione. Le belle linee moderne di Moore ci sono sembrate invecchiate. Gli spazi immensi delle Terme di Diocleziano forse gli stanno troppo larghi (o troppo stretti); insomma tutto fa una figura un po’ meschina: i disegni preparatori alle pareti, le sculturine e le sculturone; perfino il ritratto di Moore di Marino Marini sembra un gesso insignificante. Il problema è che con la scultura antica è difficile che qualcuno ce la faccia a reggere il confronto. E poi l’allestimento è mal fatto, con fari violenti che dovunque ci si metta ti trapanano gli occhi. Insomma, come abbiamo detto, delusione.

Per fortuna basta passare alle altre sale per riconciliarsi. Ma…ma c’è una cosa che ci ha fatto arrabbiare ancora di più: un video che ricostruisce virtualmente in tutta la sua maestà l’aspetto originale della grande piscina delle terme. Colonne enormi, statue sontuose, archi e volte impressionanti. Benissimo. Per accompagnare le immagini serve una musica, e che musica ha scelto per la grandezza dell’architettura imperiale l’ignoto, sciagurato commentatore? Brani di Rachmaninov, Prokofiev, Brahms, insomma una spremuta di quel romanticismo patetico tardo ottocentesco e slavo che con i marmi di Diocleziano c’entra come i proverbiali cavoli a merenda. Incompetenza.


Il vizietto cattocomunista

 

Un libro di Massimo Teodori presentato lo stesso giorno alla Biblioteca Angelica. Il titolo è arguto, il libro non lo abbiamo letto, né crediamo lo faremo. Pomeriggio moderatamente soporifero, interrotto da divertenti (per noi) guizzi di narcisismo dei relatori (Galli della Loggia, fra gli altri) e da risvegli di attenzione del pubblico quandoil giornalista Polito, dopo il sarò breve di prammatica (mai che ci sia capitato di sentire un sincero: sarò lungo), ci ha ricordato, per esempio, come il vecchio PCI, per essere accettato da tutti gli italiani, si presentava come una compagine conformista e rispettabile, dove la donna aveva un ruolo da angelo del focolare e un’immagine (testuale del relatore) alla Maria Goretti.

O quando Giuliano Ferrara, accomodatosi in poltrona dopo aver girato per la sala con il suo passo da tricheco sornione, ha dichiarato di essere figlio di genitori comunistissimi a cui peraltro il partito aveva chiesto di sposarsi in chiesa.

Alleggeriamo. Ci è piaciuta, all’ingresso della Biblioteca, che è un meraviglioso salone foderato da tre piani di volumi, la vetrinetta con dentro una pila di vecchi codici tarlati, e un bel cartello “Salva la vita a un libro”. Sacrosanto


Un vezzo artistico privato

 

Sabato. Prima di passare alla musica, ci siamo affacciati alla Galleria 28 Piazza di Pietra dove si è inaugurata una mostra di Michelangelo Antonioni. Un omonimo? No, proprio lui. 

Nella presentazione, dopo la ovvia sfilza di Oscar e Palme d’Oro vinte dal regista, si legge che la pittura era per Michelangelo “il più privato dei vezzi artistici”.

Mai definizione fu più appropriata. Vezzo senz’altro, ma poco di più. E privato avrebbe dovuto rimanerlo. Invece, prosegue il foglietto, “si è voluto dare agli ammiratori del regista la possibilità di scoprire questo suo lato poco conosciuto”. Forse era meglio di no.


Una bella cassa armonica

 

Centotrentamila metri cubi: questo dovrebbe essere, secondo i nostri calcoli, il volume interno della chiesa di S. Ignazio (appunto la cassa armonica), dove siamo capitati a mezzogiorno del 31, per un concerto del St Jacob’s Chamber Choir, a Roma per il XIV Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra.

Primo brano, il bellissimo Credo di Giovanni Bonato. Testo non importante per noi, ed esili melodie non obbligatorie da seguire, ma armonie audaci ed efficaci. Suono puro. Sparsi tutto intorno all’immensa chiesa i coristi, accompagnati da qualche campanello e da quei tubi giocattolo che quando si fanno roteare producono un sibilo misterioso. Nell’enormità di questa cassa di risonanza, siamo stati colpiti e affondati dalla fascinazione delle voci. Sotto le strepitose prospettive dipinte sulle volte, nel riverbero delle absidi, il suono: solo suono, puro suono, magica suggestione acustica e mistica.

Puntualmente rovinata, all’uscita sulla piazza, da uno di quei mendicanti che appestano i gradini delle chiese del centro storico. Insolenti, finti umili che ti importunano con il loro ossessivo viscido farfugliare “Bambini…mangiare…centesimi…dare…” e intanto ti scrutano con occhi malevoli in bieco contrasto con l’atteggiamento servile e sottomesso.

Saranno anche schiavi di qualche organizzazione criminosa, saranno anche persone socialmente sfortunate, ma viene da immaginarli, con quelle facce, pronti a tagliarti la gola appena giri le spalle.

Da parte nostra, carità cristiana zero, lo sappiamo, ma invochiamo l’attenuante della continua provocazione.

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