Presente e, soprattutto, passato

Camera con vista

 

Nei centri storici di tutte le città ci sono le case con vista, quelle senza vista e quelle con vista eccezionale. Eccone una: è a Roma, si chiama Palazzo Ferrajoli e, come si può notare, le sue finestrelle si affacciano su un panorama niente male. Lussi che ci si poteva permettere prima del Piano Regolatore (forse anche dopo, ma con amicizie influenti – all’epoca il Papa, per esempio).

Bene, in uno di questi sgabuzzini, destinati a eventi aperti al pubblico, è stato presentato un volume che descrive e analizza un bel ritratto seicentesco di S. Vincenzo Ferreri attribuito alla scuola di Ribera o di Luca Giordano, appartenente da anni alla famiglia dell’amico Giuseppe Giacchi.

Il quale, oltre al quadro, possiede una pluriennale esperienza come direttore artistico della CAM, Creazioni Artistiche Musicali, che, prima di finire nello stomaco di qualche multinazionale, è stata la principale editrice delle colonne sonore di tutti i grandi film italiani: Rota, Trovajoli, Morricone, Piccioni, eccetera.

Non per fare i vecchi nostalgici, ma la stessa fine della CAM l’hanno fatta la RCA, la Ricordi e altre, non solo editrici musicali, ma anche etichette discografiche.

E’ certo nella natura delle cose avere un inizio e una fine, ma la fine del mondo del disco, e forse non solo per noi che ci stiamo dentro, è stata come una di quelle malattie che si manifestano timidamente sotto forma di un’innocua influenzetta, e poi degenerano in una mortale polmonite, veloce e tragica.


Tutti insieme appassionatamente

 

Come ai bei tempi dei figli dei fiori. Allora l’evento in sé non contava molto; l’importante era esserci, tutti insieme, pittoreschi, in un bel posto, per salutarsi e riconoscersi.

La GNAM ha voluto festeggiare il cambio di arredamento dell’ingresso monumentale con un party dal titolo (anglo italiano, naturalmente, e altrettanto naturalmente poco comprensibile): “The Lasting. L’intervallo e la durata”. Mah.

Comunque, la scalinata è un bel palcoscenico, il pomeriggio è tiepido, c’è il gruppo di Mauro Ottolini che suona un jazz tra il free e il dixieland, e un sacco di amici a cui augurare buona estate.

Cosa serve di più per riempire un pomeriggio qualsiasi?


La musica indiana

 

Rimaniamo ai bei tempi dei figli dei fiori, tutti insieme, ma ancora più pittoreschi, in un tripudio di sari, margherite, capelli sciolti e piedi nudi; tutti insieme ad ascoltare una musica che allora aveva un significato di aggregamento, con il pretesto di una filosofia, di un sound o almeno di una moda comune.

Nostalgici, siamo andati alla cavea del Parco della Musica ad ascoltare, nella giornata mondiale dello yoga e per la celebrazione del solstizio d’estate, il Mela Summer Festival, il flautista Hari Prasad Chaurasia.

E ci siamo accorti che quel significato è, come dire, dal punto di vista musicale un po’ sbiadito. Forse perché siamo più smaliziati, di sicuro perché siamo più vecchi; certo che quel concentrarsi sempre sullo stesso perno armonico, melodico, ritmico, quello scivolare sui quarti di tono avrà certamente la sua suggestione millenaria, ma è come rimanere fermi, se non addirittura malfermi nello stesso punto. Dopo un po’ vorresti muoverti, in avanti o anche all’indietro, ma facendoti guidare da un Mozart o da uno Strawinski di passaggio.


Gli accendini

 

Festival di Musicultura. Anche allo Sferisterio di Macerata il passato ritorna. Solo che siamo nel 2016 e al posto degli accendini il pubblico fa ondeggiare i telefonini. E’ cambiata la tecnologia: sono in meno a fumare, e allora gli accendini non sono più a portata di mano; sono in più a telefonare, e allora ecco il sostituto della fiammella: la torcia del cellulare.

Gianfrancesco Cataldo, il diciannovenne e già furbissimo vincitore del festival con la canzone “Marta”, a forza di gridolini e inviti giovanilistici sul palco, è riuscito a sedurre tremila adulti e a convincerli a comportarsi come tremila adolescenti inebetiti.

Complimenti. Gli pronostichiamo una brillantissima carriera di trascinatore. Ne è all’altezza.

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Commenti: 2
  • #1

    RDB (domenica, 03 luglio 2016 23:24)

    Molti eventi, quasi tutti da figli dei fiori, ma...dove sono i figli, mi chiedo i giovani dove vanno? Molte sono le chiome bianche e poche bionde, in quasi tutti gli eventi. Ora, Sei tu che non vai ad eventi giovanili o sono i giovani che non vanno da nessuna parte se non a vomitare davanti ai locali notturni?
    E poi anche ma quanti siete, Tu il serpente e poi? Altrimenti non mi spiego la partecipazione a così tanti appuntamenti. Complimenti vorrei avere la metà della tua energia, della tua volontà, della tua bella scrittura.

  • #2

    Francesco Casaretti (lunedì, 04 luglio 2016 12:15)

    Tutto molto interessante. Anche a me sgomenta il pubblico che, a comando, comincia a ondeggiare. Che abbiano in mano accendini o telefonini poco importa. Quello che fa paura è la voglia di obbedire a qualcuno che sta su un palco.
    Avrei qualche riserva su ciò che scrivi a proposito della musica indiana. Anche nell'antica Grecia si suonavano poche note, le cui vibrazioni avevano un effetto specifico sull'essere umano, sugli stati d'animo e addirittura tenendo conto delle varie ore della giornata (esattamente come nella musica indiana). Ho l'impressione che si sia persa la bellezza e il piacere della musica come pura vibrazione.Forse, sia pure in modo grossolano, privilegiando le vibrazioni delle note basse che ti arrivano fino allo stomaco, i giovani stanno recuperando questo antico effetto della musica. Ripeto però, in modo molto grossolano. Eppure mi sembra un segnale importante.
    Mi viene in mente anche Miles Davis: "perché suonare tante note invece di godere delle più belle!" Ma naturalmente, l'ultima parola spetta a te, caro Maestro!