Povera Roma, stupida e suicida


Fine maggio. C’è un evento interessante nella chiesa di S. Lorenzo in Miranda. Non la conosciamo, e allora decidiamo: si va.

Premessa storico-artistica: la chiesa è ora, dopo vari rifacimenti nei secoli, una costruzione barocca di proprietà del Nobile Collegio Chimico Farmaceutico. Bella e uguale a tante altre dello stesso periodo: piena di belle cappelle e begli altari, con bei quadri e belle sculture, solo più pulita e meglio illuminata di tante altre.

Ma non è questo il punto. Il punto è che S. Lorenzo è costruito dentro un tempio del Foro Romano, quello di Antonino e Faustina. E l’unicità del monumento è la presenza, davanti alla facciata in mattoni della chiesa, di tutte le colonne del tempio. Tutte ancora in piedi.

Anche se marcate dalle criminali tracce incise dagli straccioni medievali per farci scorrere le corde che, attaccate a un traino di buoi sarebbero servite a buttare giù questi meravigliosi monoliti di marmo, la cui estrazione era sicuramente costata la vita a più d’uno schiavo, solo per ricavarne mozziconi da bruciare in qualche forno per fare calce.
Mancano un paio di giorni alla sfilata del due giugno; perciò squadrette e squadroni di soldati sono lì a tirare su le tribune, e questo blocca quasi tutti i varchi per i pedoni.

 

L’unico accesso da Via dei Fori Imperiali è Via della Salara Vecchia, dove c’è anche la biglietteria d’ingresso al Foro, e, al solito, mandrie di turisti in attesa. 

E qui comincia la nostra avventura di romani (non antichi; contemporanei, purtroppo). Il primo saluto ce lo dà questa deliziosa bestiola che passeggia tranquilla a filo di marciapiede proprio lì davanti. L’immagine è mossa non perché il topone sia in fuga: è al fotografo che, per la fifa, trema un po’ la mano.

I turisti ridacchiano, come facevamo noi hippy negli anni ’60 quando, girando per le stradine di Dakar o lungo le rive del Gange a Benares, incontravamo, accompagnati da blatte grosse come panini, i ben pasciuti ratti tropicali. Molto pittoreschi; tanto poi, noi hippy allora, come i turisti oggi, ce ne tornavamo tranquilli a casa nostra.
Ma qui e oggi, a casa nostra noi ci stiamo già, perciò, avanti con l’itinerario. 

Per salire a Via in Miranda, dov’è l’ingresso laterale della chiesa è indispensabile prendere una breve rampa di scale. Bene (e non dimentichiamo che ci si trova a meno di dieci metri dall’ingresso del Foro, luogo simbolo di due millenni della nostra storia e, particolare non trascurabile, fonte di una buona parte del nostro reddito turistico), affrontare questa sgangherata scaletta ci riporta ai nostri ricordi da globetrotter, quando, per mancanza di fondi o per pauperistica scelta ideologica, alloggiavamo in locande fornite di latrine che oggi farebbero inorridire anche un mendicante lebbroso di quelle zone.

Sulla scala, una puzza di urina che toglie il fiato, e i gradini cosparsi di feci decisamente umane (vedi foto) fra le quali bisogna districarsi con uno slalom ad alto rischio. Ma da qui si deve passare per forza.

Beh, certo, poi si arriva, e ci mancherebbe altro, alla solita grande bellezza. Perché, una volta in chiesa (siamo al tramonto e ormai al sicuro da escrementi e roditori giganti) e prima che cominci il programma, spalancano per noi il portone principale, ed ecco il quadro che ci si presenta.

Da rimanere senza fiato, chi potrebbe negarlo?

Adesso senza fiato per la struggente meraviglia di quel panorama al di là delle colonne; poco prima senza fiato per il rischio di asfissia da ammoniaca.

Certo che anche i Nobili Farmacisti, in occasione dell’incontro, una passata di varechina gliela potevano far dare a quella scaletta…

Ma perché succede questo?

E’ il proverbiale cane (in questo caso potremmo dire topo) che si morde la coda. Il comune non pulisce, lo stato è assente e allora non lo faccio neanche io, anche se succede sulla porta di casa mia.

E così finiamo tutti nella merda.

Intanto una lontana fisarmonica suona lo stesso tormentoso arrangiamento di “Le foglie morte” ininterrottamente, insopportabilmente, da quando siamo arrivati a quando ci allontaniamo, a sera inoltrata, dopo lo spettacolo.

Siamo addolorati.

Per la musica, per i topi, per la puzza, per le feci. Per lo spreco.

Povera Roma, stupida e suicida.

 

 

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