Il diavolo e le sottane

 

(Replica da “L’ostia fritta” del 3 settembre 2012)                            
C’è a Roma, ai piedi del Palatino, la chiesa di S. Anastasia. Qui, appoggiate alle pareti, stanno otto stupende colonne romane di scavo: sette di un bel marmo color miele con screziature bruno violette. L’ottava è di un elegantissimo grigio striato di bianco, magnifica.

Ma, invece di sdilinquirci come facciamo di solito dietro a marmi e sassi assortiti, oggi, 3 settembre 2012, il vero oggetto a cui dedicare la nostra attenzione lo troviamo nella navata di destra: una gran bacheca che espone, raccontati in ordine cronologico, i più clamorosi miracoli transustanziali del passato.

Per la Chiesa il miracolo eucaristico della transustanziazione, che si ripete a ogni celebrazione, è la certezza che nell’ostia e nel vino ci siano la carne e il sangue di Cristo. Ovviamente è un fatto che non si può, anzi, che non ci si deve sforzare di dimostrare. Crederci e basta, bisogna.

 

Solo che quando ci si affaccia all’indimostrabile si rischia di scivolare nel baraccone dell’ingenuo o, peggio, del grottesco. Qui ci stiamo dentro in pieno. Dalla bacheca abbiamo scelto i casi più pittoreschi, forse meno noti del miracolo di Bolsena, illustrato da Raffaello nelle Stanze Vaticane, ma molto più divertenti. 

Primo. Anno Domini 595. Miracolo di San Gregorio Magno. A messa, una donna di fede poco salda scoppia a ridere sonoramente (sottolineato nel testo) mentre si comunica. Scandalo in chiesa. Il papa blocca la funzione. A questo punto il pane dell’ostia diventa carne e comincia a sanguinare. La donna, spaventata, si pente, il papa si tranquillizza, e tutti tornano a casa felici e contenti.


Secondo. Miracolo dell’ostia fritta (non è un titolo nostro, sarebbe troppo facile. Sta scritto proprio così nella bacheca). Siamo nel nono secolo dopo Cristo. Una (attenzione) ebrea s’intrufola in chiesa, ruba un’ostia, se la porta a casa, e per sfregio, dopo aver fatto scaldare sul fuoco una bella padellata di olio, ce la butta dentro per cucinarla. Colpo di scena: l’ostia non solo non frigge, ma si mette a sanguinare inondando in poco tempo tutta la casa. Emozione al paesello. Viene convocato il vescovo, si organizza in quattro e quattr’otto una processione per espiare il sacrilegio, e il luogo del peccato è trasformato in chiesa. Della donna non si sa più niente: che ci sia da preoccuparsi un po’ per lei?


Terzo. Miracolo di San Pier Damiani; è il 1050, località sconosciuta. Una donna, cedendo a pulsioni abominevoli, per fare un maleficio a casa sua, ruba un’ostia e la porta via nascosta sotto le sottane. Qui bisogna stare attenti perché in quella zona corporea, specialmente in un’epoca in cui le mutande erano poco usate, ci possono essere dei punti molto rischiosi per un’ostia innocente. Un prete furbo se ne accorge, l’insegue, l’acchiappa e recupera l’ostia, la quale, questa volta chissà per quale misteriosa ragione, si divide in due parti, una rimane di farina, l’altra si trasforma come previsto, ma in cronaca non si parla di sanguinamento.

 

E quarto. Anno 1228, miracolo di Alatri. Una giovane suggestionata dal cattivo consiglio (continuiamo a riportare fedelmente le parole dei testi) di una malefica femmina, dopo aver ricevuto dal sacerdote il corpo sacratissimo di Cristo, lo trattiene in bocca fino al momento in cui lo può sputare fuori per nasconderlo in un panno.

Qui ci tornano in mente le minacce del nostro insegnante di catechismo che ci preparava alla prima comunione e ci aveva proibito di toccare l’ostia coi denti per non rischiare di far male a Gesù. E ricordiamo anche la sensazione di angoscioso soffocamento quando questo tondino si appiccicava al palato, perché neanche con un dito ci era permesso di scrostarlo.

 

Dopo tre giorni la giovane suggestionata va ad aprire il panno e trova, ancora una volta, la carne, e per di più freschissima. Immediata confessione e pentimento. Minaccia di punizioni efferate soprattutto per la malefica femmina a cui viene attribuito il ruolo di mandante diabolica. Però stavolta c’è il lieto fine. Dopo averle spaventate a morte, le autorità ecclesiastiche rimandano a casa le due con una ramanzina e basta.


Ci fermiamo qui, anche se ci sarebbe altro. Tutto verificabile. S. Anastasia al Circo Massimo. (La chiesa è sempre lì, la bacheca purtroppo no, sono passati sei anni, ma i resoconti dei miracoli si trovano facilmente anche in rete).

Noi non vogliamo esagerare e cadere a nostra volta nel ridicolo. Ma ci teniamo a sottolineare due punti.

Primo: quasi tutti i miracoli cessano di verificarsi appena appaiono tecniche e apparecchi capaci di registrarne una testimonianza.

Secondo, e qui stiamo messi molto peggio: le peccatrici, le dubbiose, le eretiche, le ladre sono tutte donne.

La Chiesa non si smentisce.

 

Il diavolo, c’è poco da fare, sta sempre sotto le sottane.


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