N° 448 - Teskio Story

Fra i demoni dipinti da Luca Signorelli nel suo Giudizio Universale, c’è questo diavolaccio al quale ci pare di somigliare. Vista la presente pandemia (che affligge i nostri corpi) e operando un ardito quanto arbitrario collegamento con il conseguente pandemonio (che scombussola le nostre menti), abbiamo pensato di sostituire la sua faccia alla nostra, quindi…

“Ner guardà quelli schertri io me so’ accorto

D’una gran cosa, e sta gran cosa è questa:

Che ll’omo vivo come ll’omo morto

Ha ‘na testa de morto in de la testa”. 

E allora, sullo spunto dei versi di Belli, mentre stiamo ai domiciliari, in questo momento in cui nella vita di tutti è presente il pensiero della morte, vogliamo farvi partecipi della nostra personale “Teskio Story”, di sole immagini (come un affresco medievale, quando i fedeli non sapevano leggere), per raccontarvi un nostro pellegrinaggio di qualche tempo fa alla ricerca del simbolo che spesso orna le antiche tombe nelle antiche chiese. Un messaggio che serve per non farci dimenticare come stanno le cose. Siamo appesi a un filo, dobbiamo sempre ricordare la nostra fragilità e non sappiamo quando la Nera Signora ci visiterà. 

Ci rendiamo conto del rischio di passare per iettatori, specie in questi giorni. Noi lo vogliamo correre questo rischio, sottolineando il fatto che, va bene, ricordiamoci sempre che siamo mortali, ma queste sono opere d’arte e noi non ci facciamo impressionare dai loro rimandi anatomici. Perché si sa: l’arte, anche se parla di morte, è sempre vita.

Sappiamo in quali chiese, tutte a Roma, stanno queste tombe, ma non di chi sono (non ce lo siamo annotato a suo tempo e ormai chi ci va più a controllare?)

1.      S. Agostino; 2. S. Alessio; 3. S. Marco;

4.      S. Maria del Popolo; 5. S. Maria dell’Anima;

6.      di nuovo S. Agostino.

 

Sono carini o no?

 

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