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La storia è lunga e comincia con le Terme di Diocleziano; poi c’è il Medio Evo e il silenzio.
Mille anni dopo, Villa Montalto, quella di Sisto V, una delle più belle di Roma, riempie la zona con il fiotto delle sue fontane e il cinguettio degli uccelli sui suoi alberi.
Un paradiso, parte di quella cintura di verde che, pur rimanendo dentro le mura Aureliane, circonda il minuscolo nucleo allora abitato.
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Ma a metà ottocento anche il Papa, come gli altri re, vuole la sua ferrovia, perciò via gli alberi e le fontane e nasce la piccola, ancora casereccia, Stazione Termini, che cambia faccia varie volte e finalmente, su un progetto di epoca fascista, ma completato dopo la guerra, ecco che appare il Dinosauro, la immensa pensilina ancora oggi rampante su Piazza dei Cinquecento.
Il problema è che insieme alla nuova stazione, punto di arrivo, nel dopoguerra, di una emigrazione urbana, dignitosamente povera o disperatamente miserabile, nasce il degrado.
E così, negli ultimi cinquant’anni ci siamo abituati a pensare a Termini come a uno dei diverticoli intestinali del ventre putrido della città: un orribile pericoloso inferno di miseria, alcolismo e delinquenza.
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Poi, neanche tanto tempo fa: il riscatto! In un’ala dell’enorme edificio, una vera perla dello stile razionalista, progettata alla fine degli anni trenta da Angiolo Mazzoni, si apre il Mercato Centrale Roma, una di quelle iniziative civili e moderne (vendita e consumo di prodotti alimentari di alto livello) che non eravamo abituati a vedere da queste parti.
E infatti non regge: con la prima ondata della pestilenza il mercato chiude e non riaprirà mai più. La maledizione di quella zona riesce ad averla vinta anche su questa illuminata iniziativa.
Ma intanto il primo passo è fatto. Termini non è più quell’inferno metropolitano che ci era diventato familiare negli anni.
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L’altro ieri, dopo tanto che mancavamo, decidiamo di dare un’occhiata alle antiche Mura Serviane, proprio lì davanti.
E’ una giornata di quel sole romano che riesce a dare un bell’oro ai pietroni arrampicati in alto per una dozzina di metri.
Grande la nostra sorpresa nel vedere lo squallido palazzone degli uffici FFSS che fino a poco prima faceva da sfondo al rudere, trasformato in un moderno albergo di lusso.
Ma non basta: quello che era un lurido ritrovo di barboni di fronte ai vecchi uffici si è improvvisamente evoluto in un piccolo parco archeologico: erba curata, vialetti inghiaiati, tufi millenari e sullo sfondo il dinosauro!
Roma, non basta una pandemia.
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