N° 519 - Riscatto

“La miseria privata è riscattata dalla ricchezza pubblica”.

Sono anni che giriamo per insediamenti arcaici, per siti romani e greci, per borghi medievali, per città barocche e settecentesche. Dovunque ci si trova di fronte allo stesso fenomeno che si ripete nella storia dei secoli, espresso dalla piccola frase piena di enorme significato che appare qui sopra.

Prima di arrivare all’appartamento con acqua corrente, servizi igienici e riscaldamento di oggi la gente ha abitato in capanne di fango e paglia, poi in sgangherate catapecchie di legno col tetto che faceva acqua, poi magari in case di mattoni, ma senza vetri alle finestre e con la latrina in cortile.

 

Eppure già tremila anni fa, al centro delle capanne c’era il nuraghe, costruito con macigni che ancora oggi stanno in piedi a rappresentare l’orgoglio del popolo e del re. Le capanne sono scomparse e il nuraghe è ancora lì.

Poi sono venute le case costruite con materiali scadenti, senza servizi, che spesso si sbriciolavano in incendi disastrosi provocati dai tossici bracieri, l’unica forma di riscaldamento.

 

Ma in mezzo a loro c’era il tempio, innalzato su immani colonne monolitiche: anni di lavoro per centinaia di uomini che si sacrificavano per estrarle dalle cave, trasportarle per mare e per terra e tirarle su per l’orgoglio del popolo e del re.

E poi, nell’oscuro Medio Evo, di nuovo tutti nelle capanne, ma di nuovo il simbolo del potere era presente: il castello, per costruire il quale i contadini lavoravano a turno senza compenso se non quello rappresentato dall’orgoglio (e la sicurezza) di tutti.

Ma non solo il castello era l’orgoglio del popolo; anche la cattedrale, spesso eretta accanto ad esso per fornire rassicurazione allo spirito: un altro simbolo maestoso, possente, a contrasto con la precarietà del quotidiano, appunto limitato a un rozzo giaciglio, un tetto sconnesso, un focolare fumoso e la solita, antiigienica latrina, covo di parassiti e infezioni.

Insomma, peggio stava il popolo, più sontuosi e lussuosi e ricchi e imponenti erano i simboli del potere pubblico: quello del principe, quello del sacerdote, quello del Dio onnipotente e quello del Re, altrettanto onnipotente, spesso proprio appoggiandosi al suo nome. E, in fondo, anche quello del popolo.

Poi per fortuna è cambiato tutto, almeno per una porzione privilegiata dell’umanità. E riuscendo finalmente a dormire comodi e caldi a casa nostra, a lavarci nel nostro bagno, a mangiare abbastanza e a curarci, non abbiamo più avuto bisogno di gratificarci con i monumentali salvaspirito grazie ai quali, prima, ce la facevamo a non affondare nel fango quotidiano.

Certo, se non fosse stato per questo fango da combattere a suon di edilizia simbolica (e quindi: grazie allo scomodo passato dei nostri antenati) oggi non avremmo niente di bello con cui riempirci gli occhi.

 

E invece…

Scrivi commento

Commenti: 0