N° 546 - Il guastafeste

Quante volte, a proposito della nostra città, abbiamo raccontato un evento di scarsa qualità, di eccessiva presunzione, di pochissimo interesse, per concludere che il basso livello dell’iniziativa era comunque riscattato dall’eccezionalità del luogo, dal pregio estetico dell’edificio, dall’unicità del panorama: insomma, collocarla a Roma salvava comunque la baracca.

Qui vogliamo raccontare il contrario: quando l’evento, magari piccolo ma interessante, che quindi non avrebbe nessun bisogno di essere soccorso, viene inquinato dalla bellezza stessa di Roma, che in questo caso fa da guastafeste.

Palazzo Altemps: “Virginia Woolf e Bloomsbury”. Una snobbissima mostra su quello che lo snobbissimo gruppo di quegli intellettuali, artisti, omosessuali, ma soprattutto gente snob scrivevano, dipingevano, scolpivano, creavano per confrontarsi fra di loro ma anche per vendere agli altri.

Alle pareti notevoli ritratti dei membri del gruppo, nelle bacheche prime edizioni di romanzi e poesie, in fondo una sala piena dei prodotti artigianali del loro Omega Workshop: piatti, teiere, zuppiere. Tutto molto elegante, raffinato e snob.

 

E proprio in questa sala, eccolo il primo guastafeste: un nudo romano, mutilato ma talmente potente da trasformare il resto in cianfrusaglia senza nerbo.

Palazzo di San Silvestro: “Poste Italiane, la storia”. Vecchie bici da postino, vecchi telegrafi a contrappeso, bollatrici, posta militare, cartoline e libretti di risparmio.

C’è anche un reparto per far giocare i bambini; insomma un allestimento tra il familiare e il didattico, ma comunque curioso e nostalgico.

Colpo di scena! Distrattamente, attraverso uno dei tanti finestroni, buttiamo l’occhio sul bellissimo cortile del Palazzo delle Poste e questo stesso occhio viene attratto irrimediabilmente da un maestosissimo ciuffo di banani che neanche Salgari.

Siamo immediatamente trasportati dal centro storico di Roma alle selve di Mompracem, dove inevitabilmente timbri, francobolli e telegrammi scivolano via dalla nostra attenzione per lasciare il posto a tigri, coccodrilli e dayaki.

 

Di nuovo all’opera il guastafeste, stavolta esotico.

 Museo dell’Ara Pacis: “Lucio Dalla - anche se il tempo passa”.

Qui siamo sulla nostalgia pura. Lucio era un amico che abbiamo seguito nella sua straordinaria mistura di inarrivabile autore e interprete di musiche sempre più belle e intense; e di persona fisicamente brutta, ma di intelletto così ricco e bizzarro da trasformare la sua presenza in una continua esibizione di genialità inventiva, fra parrucchini, orpelli e mascherate di ogni tipo.

Certo, a parte la memoria quando è un fatto personale, la celebrazione di un musicista fatica a riempire una mostra, anche se bella: quattro foto, due costumi di scena, l’immancabile pagella di scuola (a leggerla ci è sembrato un alunno di scarso rendimento) l’ascolto di qualche canzone e poco più.

Ecco che allora Roma guastafeste si fa viva attraverso le vetrate con l’immagine del Mausoleo di Augusto, un’affascinante rovina di pietra e alberi, che ci porta nel vuoto della campagna romana, anche se poi siamo e restiamo al centro della città.

 

 

Palazzo Braschi: “Roma Medievale”.

Rispetto a città davvero medievali come Firenze o Siena, bisogna ammettere che Roma non ha un gran che da mostrare.

Eppure, con poco materiale artistico, ma molte mappe, ricostruzioni, foto, memorie, questa esposizione riesce a tracciare un quadro di prima dell’alluvione del Barocco, soprattutto basandosi sul lato religioso della Roma dei papi, con tutta la sua pittoresca accozzaglia di nepotismo, veleni, crimini e ruberie. Ma anche vera, ingenua fede e altrettanto ingenua sua rappresentazione.

L’appartamento del palazzo offre una sontuosa ambientazione, anche se ci sentiamo in diritto di lamentare una caratteristica di quasi tutti i musei italiani: vietato sedersi! Forse è per la teoria che la cultura uno deve guadagnarsela con la fatica. Mah.

 

A un certo punto è inevitabile affacciarsi a una finestra su Piazza Navona. Da dove prendiamo il volo sulle ali di un altro guastafeste, quello barocco, che ci porta lontano, da tutto quello che c’era prima, medioevo compreso.

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