N° 579 - Microbiografie Irrispettose N° 9 - Fryderyk Chopin

Tanto per gradire, ecco qualche carineria scritta da amici (?), biografi e critici su Chopin: “Un tubercolotico cronico, con la psiche alterata da una vita anormale in cui la creazione trabocca di vitalità”; “Vive costantemente in un clima di irascibilità malata”; “Un infermo, per di più grande artista, non può che essere un egoista forsennato e ipersensibile”; “Chopin non ha mai compreso la natura umana degli altri”; e così via, simpaticamente…

Figlio di Nicolas, di origine francese, nasce in un villaggio polacco dove il padre fa il precettore dei figli di un nobile. Papà suona il flauto e il violino, mamma il pianoforte, e glielo insegna. Chopin a 8 anni compone la sua prima polacca. Lo mettono a lezione da un maestro vero, Zywny, il quale, a un certo punto, è costretto a dichiarare a Nicolas Chopin che non ha più nulla da insegnare a suo figlio.

Il giovane Chopin è di corporatura esile e fin da piccolo la sua salute barcolla. Verso i nove anni comincia a essere tormentato da una tosse continua che lo accompagnerà fino alla morte. Oggi sappiamo che quella tosse era la manifestazione di una tubercolosi polmonare.

Liszt, di cui è grande amico, lo descrive così: la persona armoniosa, lo sguardo spirituale, il sorriso dolce che non si spegne mai. Carnagione fine e trasparente, capelli biondi di seta, portamento distinto e aristocratico, il timbro della voce sempre smorzato (la laringite tubercolosa).

A 15 anni è ingaggiato da un professore dell'Università di Varsavia, inventore di un organo meccanico, l'eolomelodicon, per eseguire su questo strumento una improvvisazione. Grande successo della esibizione; allora lo invitano a ripeterla davanti allo Zar Alessandro I, che lo  premia con un anello di diamanti.

Appena finiti gli studi al Conservatorio di Varsavia, debutta a Vienna con un concerto di pianoforte, entusiasticamente recensito da Schumann (che spesso parla male dei colleghi, ma stavolta no) sulla sua rivista di critica musicale. Gli capita anche di ascoltare Niccolò Paganini e in suo onore compone una serie di variazioni: i “Souvenir de Paganini”.

 

 

Nel 1823 accade un fatto importante: Sebastien Erard, un geniale cembalaro riciclatosi costruttore di arpe e pianoforti (i suoi diventano praticamente gli Abarth dell’epoca) inventa il doppio scappamento, un meccanismo che aggiunge il turbo allo strumento. Questo è fondamentale per Chopin che concepisce i suoi virtuosismi proprio sul pianoforte e sarebbe forse rimasto nell’ombra senza le prestazioni acrobatiche fornite dalle elaborazioni di Erard.

Piuttosto che nei teatri preferisce suonare nei salotti di Parigi di cui diventa la star.  E’ un gran mondano: amico di Rossini, Cherubini, la Malibran, la Pasta, Liszt.

Cos’era un “salotto”? Era uno spazio, anzi un evento in un palazzo privato. Si riceveva una volta la settimana. Cena per un minimo di 24 coperti. Verso le 9 arrivavano gli altri invitati: conversazione brillante, abiti eleganti, gioielli, fiori, liquori e poi la musica: ecco il mare in cui si tuffava Chopin per le sue magie sonore.

Base principale della sua sopravvivenza sono le molte lezioni di musica che dà, tanto è vero che può finalmente permettersi un calesse. Purtroppo, seguendo la sua natura, Chopin se molto denaro guadagna, altrettanto ne spende per vivere una vita lussuosa e senza futuro.

Nel 1835 si fidanza con la contessina Maria Wodzinska; la famiglia di lei, in un primo momento favorevole, poi si oppone. Forse questo rifiuto pregiudica la già cagionevole salute di Chopin che ormai soffre di frequenti attacchi di bronchite, laringite ed emottisi. Un bel giorno raccoglie la corrispondenza con Maria in un pacchetto insieme alla rosa che lei gli aveva regalato, lega tutto con un nastro e vi scrive sopra, romantico e disperato (e anche un po’ esibizionista): moja bieda (la mia sventura).

 

Nel 1836 a una serata musicale Liszt gli presenta George Sand. La scrittrice, più vecchia di lui di sei anni, a questo primo incontro non gli piace. In realtà lei è un’infermiera nata, che lo adotta subito come malato e gli regalerà qualche anno di vita in più. Chopin, capito il genere (di lei) e conoscendo sé stesso, si confessa: “Se qualcuno vuole mettermi al guinzaglio, eccomi qua”.

Persona riservata e, da buon polacco, molto religioso, cerca di mantenere la relazione più nascosta possibile. Quando a ottobre lui e lei, con i suoi due figli, Maurice e Solange,  partono per Palma di Maiorca, lo fanno separatamente. Qui passano l'inverno in tre stanze con giardinetto. Quello che doveva essere un paradiso tropicale, ideale per i suoi polmoni, diventa presto un inferno. Il clima, buono all’inizio, peggiora dopo poco e la malattia di Chopin si aggrava.

 A Parigi non vivono nello stesso appartamento, ma in due contigui, però con la presenza costante dei due figli della Sand. Intanto i segni della malattia diventano sempre più evidenti. A venticinque anni erano cominciati gli sbocchi di sangue, a trenta pesa meno di 45 chili. Le difficoltà di respiro si sono aggravate e la sua salute delicata lo rende instabile e capriccioso.

Dopo nove anni insieme, viene fuori l’impossibilità di convivere con Maurice: la causa è la gelosia del ragazzo che vede in Chopin l’ostacolo a un normale rapporto con la madre.

Costretta a fare i conti, lei gli preferisce il figlio e lo molla.

 

Durante l'ultimo periodo della sua vita, Chopin fu assistito (o forse affettuosamente tiranneggiato, lui che si presentava come una vittima predestinata) da una sua allieva scozzese, Jane Stirling, che insieme alla sorella lo convinse a trasferirsi in Inghilterra. Il clima inglese e la vita mondana a cui lo forzarono le due ragazze diedero il colpo finale alla sua salute.

Tornato a Parigi, dopo sette mesi passati su al nord, era completamente senza forze; il suo stato si aggravò improvvisamente e dovette smettere di dare lezioni e ricevere gli amici.

Il 17 ottobre del 1849, alle 2 del mattino era morto.

Il funerale si svolse nella Chiesa della Madeleine in presenza di una grande folla e di molte personalità del mondo musicale: c’erano Liszt, Meyerbeer, Berlioz.

L'orchestra del Conservatorio eseguì il Requiem di Mozart. Sulla sua tomba venne sparsa la terra polacca mandata dalla famiglia.

 

Il suo cuore è tornato a Varsavia, nella Chiesa di Santa Croce.

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