N° 590 - Microbiografie Ristrette Fine Estate - Una coppia barocca

CARLO FARINA 1600 – 1639

 

L’anno di nascita è approssimativo, niente si sa dei suoi studi. Ma è probabile che il suo primo maestro sia stato il padre, suonatore di viola al servizio dei Gonzaga.

A 25 anni Carlo ha già la reputazione di essere un ottimo violinista, tanto è vero che viene assunto come Konzertmeister alla corte di Giorgio I di Sassonia a Dresda. Purtroppo un paio d’anni dopo se ne deve andare perché Giorgio ha finito i soldi per via delle spese della Guerra dei Trent’anni. Si è sparato tutto in fucili e cannoni e non ha neanche mezzo tallero per pagare i suoi musicisti. La storia si ripete: i fondi per l’arte sono sempre quelli che finiscono prima.

Durante il suo periodo alla corte di Sassonia, oltre a suonare deve insegnare il violino ai bambini della cappella. Per questo incarico ha 11 talleri al mese più la legna per il camino e una brocca di vino al giorno.

Nel 1631, lo chiamano a Parma. Qui i deputati della chiesa, “avendo stimato che nel concerto della musica dell’Oratorio della B. V. della Steccata fosse buona la parte del violino” decidono di assumerlo per sei scudi al mese.  Più tardi ancora (1635) finisce a Lucca. Qui il nostro Carlo deve essere particolarmente apprezzato perché per la sua prestazione riceve ben otto scudi, compenso molto superiore a quello dei colleghi.

Dopo questa brillante conferma si perdono le sue tracce fino al 1639 quando lo troviamo a Vienna al servizio dell’Imperatrice Eleonora, e si presume che qui sia morto lo stesso anno.

 

Straordinario virtuoso e audace innovatore al violino, Carlo Farina contribuisce a creare una tecnica e un gusto molto progrediti, che influenzeranno la letteratura solistica per anni e anni. Con lui si utilizzano per la prima volta il pizzicato, il glissato, il legno sulle corde, il tremulo, il ponticello e le scale veloci con i passaggi a corde doppie.

 

 

 

GEORG PHILIPP TELEMANN  1681 - 1767

 

 Autodidatta, a dodici anni già suona una mezza dozzina di strumenti e scrive un’opera che va in scena nei teatri della sua città. La famiglia però non lo incoraggia, anzi, dopo aver dichiarato che fare il musicista è come fare il clown o l’acrobata, insiste perché diventi avvocato.

Come tanti altri ragazzi, prende la laurea per dar soddisfazione a papà, dopo di che molla la legge, punta decisamente verso quello che gli piace davvero e diventa direttore musicale dell’Opera di Lipsia.

Da quel momento inizia una carriera brillantissima sia come impresa artistica che finanziaria: nel 1705 è Maestro di Cappella del Conte di Promnitz, nonché Direttore dei Concerti e Maestro di Cappella a Eisenach. Ancora: riceve una doppia nomina a Kapellmeister nella chiesa dei Frati Minori Recolletti e in quella di S. Caterina a Francoforte.

Ma non finisce qui: il Margravio di Bayreuth gli affida la direzione della sua Cappella e, tanto per gradire, su tutto cumula la direzione della Musica della città di Amburgo, che manterrà per ben quarantasei anni. E, colpo da maestro, conservando intatti gli stipendi relativi a tutte le cariche precedenti.

Un genio della finanza, del sapersi muovere in società e, già che ci siamo, anche della musica.

 

Molti colleghi gli riconoscono una grandissima abilità tecnica oltre a una grande ispirazione. Haendel ricorda come “Telemann fosse capace di scrivere un mottetto a otto voci più velocemente di una comune lettera”. Anche la sua forza produttiva è formidabile. Da solo ha composto di più dei suoi due famosi contemporanei Bach e Haendel messi insieme: almeno cinquemila brani.

Scrivi commento

Commenti: 0